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lunedì 27 settembre 2010

Ansaldo P.40



Durante la seconda guerra mondiale, fra le altre cose di cui mancava l'Italia, particolarmente deficitaria e drammatica era la situazione delle dotazioni militari nel campo dei veicoli e mezzi corazzati. Pur non eccellendo in nessuna categoria di carro armato, sia quella delle macchine considerate leggere sia per quelle medie, era la speciaità dei carri pesanti che mostrava più impietosamente tutta l'obsoloscenza dell'industria nazionale e della capacità progettuale del settore. L'assenza di un carro pesante fu una problematica delle forze armate italiane fin dai tempi della prima guerra mondiale, soprattutto a causa di una chiara e decisa mancanza politica: nonostante il pregevole ed incoraggiante progetto portato avanti dalla Fiat, con il suo Fiat 2000 del 1919, le autorità non intrapresero mai dei progetti seri e soprattutto univoci per dotare il proprio apparato militare di un veicolo rientrante nella classificazione dei "pesanti". Negli anni Venti e Trenta, infatti, l'intera produzione italiana di carri armati si concentrò, senza nemmeno raggiungere risultati particolarmente esaltanti, su mezzi di tonnellaggio medio e leggero, senza mai affrontare con efficacia la realizzazione di carri armati pesanti. Si arrivò pertanto al 1939 senza che le forze armate nazionali disponessero di un adeguato carro armato da combattimento capace di superare le 20 tonnellate, parecchio sotto gli standard che si andavano affermando negli altri paesi europei. Con lo scoppio della guerra, però, il governo si mosse, anche se timidamente, contattando le industrie del paese per la realizzazione di un veicolo dal peso di circa 30 tonnellate. Nonostante l'iniziale iniziativa, ben presto le autorità imposero alle ditte delle pesanti limitazioni di peso, riducendo il numero delle tonnellate massimo da 30 a 24. Gli studi di un fantomatico carro "P", dove la P stava appunto per "Pesante", furono condotti in un primo momento sia dalla Fiat che dall'Ansaldo, ma alla fine fu la sola casa milanese a portare avanti il progetto, sfruttando per l'occasione la collaborazione con la Germania, dove furono mandati a scopi didattici svariati ingengeri con il fine di raccoglie quante più informazioni possibili nella costruzione e progettazione di un carro pesante. In aiuto all'Ansaldo, arrivò il lavoro del Centro Studi Motorizzazione (C.S.M.), il quale autonomamente si mise all'opera per la definizione di un mezzo da 30 tonnellate che si caratterizzava per l'adozione di due torrette, una in caccia e l'altra in ritirata, e che is ispirava al Neubaufahrzeug tedesco. Alla fine il disegno del C.S.M., denominato in questa fase P.75, per via del pezzo montato in torretta, venne affidato all'Ansaldo, la quale sottopose il progetto ad un'attenta revisione sulla scorta delle indicazioni ottenute con il viaggio di istruzione dei propri tecnici in Germania: venne rimosso l'intero armamento in ritirata, mentre leggere modifiche di diesgno furono applicate alla torretta girevole. I lavori proseguirono e nel 1940 fu ultimato un simulacro in legno a grandezza naturale del veicolo: nonostante le esigenze suggerissero di avviare il più velocemente possibile la produzione in serie del veicolo, che era stato rinominato per ordine di Mussolini P.40, in quanto realizzato nel 1940, il programma venne drasticamente ritardato dalle continue ingerenze del governo e dai continui cambiamente dispositivi. Cercando, infatti, di operare una scelta economica, provvenì dall'alto l'ordine di sostituire il cannone da 75 mm con un pezzo più piccolo da 47 mm, dato che di questo armamento si calcolava una maggiore disponibilità di munizioni. Nonostante le imposizioni, l'ebbe vinta l'Ansaldo e nel 1941 il primo prototipo del P.40 veniva ufficialmente presentato, con un cannone da 75 mm in torretta. Il programma venne poi ulteriormente perfezionato nel 1942, quando per concessione tedesca fu possibile esaminare un esemplare delle prime serie costruttive del sovietico T-34: in seguito all'analisi di tale veicolo, gli ingegneri Ansaldo procedettero a riprogettare ampiamente lo scafo del prototipo e la torretta offensiva, mentre altri dettagli più marginali vennero applicati quasi dappertutto, come l'installazione dei parafanghi prima totalmente assenti. Con l'evolversi sfavorevole delle ostilità, le autorità non ci pensarono molto ad approvare il progetto ed ancora prima della sua ufficializzazione furono ordinati all'Ansaldo ben 500 carri armati, con una produzione mensile da aggirarsi attorno ai 50 mezzi realizzati. Il 25 novembre 1942 il P.40 entrava uffiialmente in servizio presso le forze armate, benchè si trattasse ormai di un carro già superato ed inferiore rispetto alla produzione straniera contemporanea, ma si trattava, per stessa ammissione del ministero, di quanto di meglio si potesse ottenere, anche se continue migliorie e suggerimenti verranno successivamente proposti ed in parte concretizzati. A dire la verità, le dichiarazioni espresse nelle circolari avevano ben poco contatto con la realtà: sotto continui bombardamenti ed ostacolata da rallentamenti di ogni genere, la linea di produzione del mezzo procedette a ritmi troppo lenti e soltanto nel 1943 inoltrato si potè seriamente prendere in considerazione l'idea di schierare al fronte il nuovo mezzo, che avrebbe dovuto secondo i piani essere dislocato già in Tunisia, ma che in realtà non varcherà mai i confini nazionali. Le linee di montaggio procedettero così lentamente, soprattutto per la mancanza di materiali, che soltanto nella tarda estate del '43 poterono essere formati i primi due battaglioni, i quali non erano per il momento ancora operativi. Con l'armistizio del settembre 1943, il programma del P.40 fu messo sotto controllo tedesco: nonostante le difficoltà, la produzione del P.40 fu autorizzata e venne confermata parte degli ordinativi siglati in precedenza, per un totale di 150 esemplari. La situazione, però, risultava particolarmente caotica e fra discussioni ed ipotesi, la produzione del mezzo rimase praticamente ferma per qualche tempo: indecisi sull'uso da riservare al carro italiano, ormai considerato di preda bellica, i comandi tedeschi si interrogarono a più riprese sulla possibilità di installare sul veicolo un motore Maybach HL 200, in luogo del Diesel da 330 hp adottato in precenza dai tecnici italiani. Tale dubbio nacque essenzialemnte dal fatto che le consegne delle unità motrici procedevano a ritmi ancora più lenti di quelle dell carro ed almeno 75 unità erano state approntate prive di motore. Alla fine tali ipotesi si conclusero in un nulla di fatto e si procedette ad inquadrare i veicoli prodotti in grado di muoversi, le stime parlano di 40 carri, nei reparti di polizia, mentre i mezzi senza propulsore furono interrati ed utilizzati come fortini lungo le difese della penisola. Nelle ultime battute di guerra, la vita operativa del P.40 fu contraddistinta da veloci ritirate ed abbandoni: svariati esemplari furono portati, pare con equipaggio italiano, in Austria, dove furono abbandonati; altri carri finirono deportati in Germania, dove se ne persero le tracce. Dopo la breve esperienza bellica, dove il mezzo conobbe come visto un limitatissimo impiego bellico, un esemplare di P.40 fu ritrovato in buone condizioni, tanto che venne dislocato a Caserta nel 1950 per compiti scolastici ed addestrativi. Dopo qualche tempo, però, l'apparecchio venne abbandonato alle intemperie, sempre nella città campana, fino ai tardi anni Ottanta, quando, sotto la spinta di personaggi illustri come Nicola Pignato, venne recuperato e riparato. L'opera di restauro venne svolta dalla Fiat, mediante l'impiego di mezzi e personali dell'officina della scuola della casa torinese, e, fra le altre cose, si operò una sostituzione del motore, dato che quello originale pareva irrimediabilmente compromesso, con un IVECO da 190 hp di potenza. Terminata la preziosa opera di recupero, il veicolo venne impiegato ancora per scopi comparatistici, dando tutto sommato delle buone prove di mobilità. Attualmente tale veicolo è conservato in ottimo stato a Lecce. In ultima anlisi, un esemplare di P.40, privo di motore, è conservato oggi a Roma, presso il Museo Storico della Motorizzazione Militare.


2 commenti:

  1. Pareri Personali:
    Sebbene fosse inferiore rispetto a gran parte dei mezzi contemporanei, il P.40 rappresentò il massimo livello tecnico raggiunbile dalla nostra industria nel periodo della seconda guerra mondiale. A dire il vero, è opinione dell'autore, che se ci si fosse indirizzati verso la costruzione di un carro pesante prima di quando effettivamente si capì che tale mezzo era divenuto indispensabile, si avrebbe potuto creare macchine decisamente migliori. Come accadde in altri campi, anche qui la miopia degli alti comandi, ancora troppo legati alle antiquate concezioni di una guerra di trincea, costò caro ai nostri soldai. Tornando al carro, il P.40 fu tutto sommato una macchina valida nel suo complesso, che avrebbe sicuramente potuto ottenere di più se fosse entrato in servizio già a partire dal 1940.

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  2. Dati Tecnici Ansaldo P.40:

    Motore: 1 SPA diesel da 330 hp.

    Peso in assetto da combattimento: 25.000 kg

    Spessore massimo corazzatura: 50 mm.

    Prestazioni: 40 km/h su strada.
    Autonomia: 280.
    Superamento ostacolo verticale: 1 m.
    Superamento ostacolo orizzontale: 2,5 m. Profondità guado: 1,1 m.

    Armamento: 1 cannone da 75 mm, 1 mitragliatrice coassiale da 8 mm.

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